Parlami di Elena

Un docu-film rivela il talento di Elena Samperi seguendone le tracce dall’Appennino parmense al Brasile In proiezione Sabato 6 Gennaio alla mostra Spolveriamo in Galleria San Ludovico

parlami di elena

Suo padre, uomo severo e tradizionalista, per lei aveva sognato una laurea, un matrimonio e la costruzione di una famiglia. 
Ma Elena Samperi fin da giovane ha mostrato uno spirito imprendibile, erratico, insofferente e corrosivo rispetto alle maglie delle convenzioni sociali e delle aspettative altrui.
Per capirlo, basta guardare l’urlo silenzioso della sua Madonna, esposta al Victoria and Albert Museum di Londra, che sembra fendere la tela, grido di liberazione da una gabbia millenaria di inespressione che la talentuosa pittrice tenta di scardinare con la forza di una pittura dai tratti espressionistici.
Bella, magnetica, catalizzatrice di sguardi anche dalla posizione d’angolo in una stanza, capace di intuire radici di dissenso che crescono rizomatiche sotto la superficie levigata della morale borghese, Elena, nata a Genova nel 1951, a 17 anni inizia a dipingere e lo fa attraverso una ricerca personale, rifiutando di iscriversi a un liceo artistico nel timore di vedere imbrigliata la propria ispirazione.
Frequenta invece lo studio di Arnaldo Bartoli e Cesare Zavattini che la incoraggiano a proseguire il suo percorso. Dai due artisti Elena deriva una cifra visionaria che si tinge a volte di un realismo magico capace di porre in questione e in disordine l’ordine sociale e le gerarchie di potere.
Un percorso, conquistato giorno per giorno non senza sacrifici, che la porterà all’inizio degli anni Settanta a frequentare corsi sia in Francia che a Londra, dove si trasferisce nel ‘75 dopo essersi laureata.
Qui Elena vive per dieci anni, inserendosi nel panorama artistico londinese e esponendo in diverse mostre collettive, viaggia poi fra Europa, Stati Uniti e Medio Oriente tornando ogni anno alla casa dei genitori, a Mossale Superiore. Anticonformista, libera, si mantiene all’estero insegnando italiano ai figli di altri emigrati e illustrando libri per l’infanzia, tentando sempre di erodere uno spazio per la propria attività d’artista.
Emblema della lotta di trasformazione, spirituale e sociale, che deve compiere ogni donna per potersi liberare da un bozzolo di costrizioni dispiegando la propria energia, una grande falena di carta e legno creata a metà degli anni Ottanta per una mostra itinerante dal titolo Pandora’s Box.
Artista femminista, Samperi in un’intervista individua la causa della crisi in cui versa il mondo nel declino del “femminile”:
“Non intendo solo il femminile delle donne ma anche la parte femminile che c’è nella personalità degli uomini. A meno che la componente femminile non riemerga e possa esprimersi nel mondo, si andrà sempre più velocemente verso l’auto-distruzione”.
Nel suo quadro intitolato Madonna, una donna dall’aspetto forte, come spiega la stessa artista, “non allatta il solito bambino bello, allatta un piccolo gentiluomo cittadino”: un dipinto “sarcastico e ironico” che, con grande sorpresa dell’autrice, provocò nella Londra degli anni ottanta reazioni scioccate e sdegnate da parte dei critici.
Come altri dipinti di Elena, quella tela affermava la necessità per le artiste di sottrarre la figura femminile al ruolo di mero oggetto raffigurato rivendicando il diritto di essere soggetti dello sguardo.
Nel 1986, il primo viaggio in America Latina la porta in Brasile dove decide di trasferirsi.
Morta nel 1987, a soli 36 anni, in un incidente stradale, poco dopo avere varcato la soglia di una felicità che coincideva con il poter vivere della propria arte, vedendo riconosciuto, nel fervore ospitale della società brasiliana, il proprio lavoro artistico, Elena ha rischiato di scomparire una seconda volta e per sempre con il calare sulle sue tele del buio della dimenticanza.
Ma sulla sua opera, non per fortuna ma per intuitiva e caparbia volontà, ha puntato la macchina da presa il regista Giacomo Agnetti, ricostruendo in un appassionante docu-film il baluginare screziato di quel fuoco d’artificio, bruciato troppo in fretta, che è stata la vita di Elena.